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venerdì 17 giugno 2011

Salviamo la pallacanestro italiana dall'agonia Lettera di DAMIANO FAGGIANO

Non è sbagliato parlare degli anni ’80-‘90, per meglio chiarire i concetti cestistici di oggi.
Olimpia Tracer Milano vincente ovunque, un richiamo per tanti giovanissimi,
quasi un’offerta di gradimento verso lo sport dei canestri.
Personalmente ero incantato dal modo di giocare di alcuni miei idoli:
Gentile, Esposito, Dell’Agnello, Donadoni. Ero con loro con coach Franco Marcelletti.
Certo un allenatore che non esitava a buttarmi in campo per oltre venticinque minuti,
come faceva con altri giovani di quella fantastica epoca.
Come una macchina del tempo, ricordi di preparazione puntuale, scrupolosa. E oggi?
Facile dare risposta. Lo scempio è sotto gli occhi di tutti.
Di fatto, orgogliosamente rappresento la categoria dei giocatori di serie B,
dopo aver indossato gloriose maglie in Lega A e Legadue.
Nell’incomprensibile del momento per la pallacanestro, tanti i quesiti da porre.
Nella realtà mi chiedo se mi sarà possibile avere risposte adeguate, provando a fare delle proposte.
Perché non creare delle apposite serie minori, realmente laboratorio per giovani,
dando possibilità di crescita, facendo la giusta e dovuta esperienza? Invece,
nei campionati regionali di oggi, ci tocca vedere giocatori di tutte le nazioni,
pagati fior di euro per ottenere il nulla. Infatti, superando quei campionati,
bisogna rifare le squadre, poiché non sono ammessi nei campionati nazionali.
Nessun intervento nel merito, poi i colleghi cestisti finiscono le stagioni con tre
mensilità prese e buio totale sul restante (quando quest’estate i tavoli federali saranno
invasi dalle carte inerenti lodi arbitrali e procedimenti legali vari, si capirà che c’è
qualcosa che non va e bisogna porre rimedio?). Amo troppo il mio lavoro per vederlo così in agonia,
soprattutto perché noto che chi può fare nulla fa, anzi non vede.
Pensate gente, pensate. A livello di squadre nazionali giovanili, non vinciamo più nulla.
Senza presunzione alcuna, nel lontano 1992, facevo parte della Nazionale Cadetti vincitrice
dell’oro all’Europeo in quel di Salonicco. E’ stato l’ultima medaglia d’oro vinta da una Nazionale
italiana giovanile. Nazionale allenata da Roberto Di Lorenzo. Il pensiero va subito alle attuali
Finali Scudetto. Bellissime sotto l’aspetto dello spettacolo, ma dove sono gli italiani? I giovani?
Quanto, queste finali, possono risultare utili al CT della Nazionale? Ed al futuro? Inoltre,
qui in Italia si diventa “italiani” troppo facilmente, tra matrimoni e tutto, e chi è nato
ed ha vissuto, giocato, è cresciuto cestisticamente qui, si sente quasi straniero nel proprio paese.
Ancora, i settori giovanili non si creano dall’oggi al domani. Non c’è intento polemico nelle mie
parole e nelle mie riflessioni, sono solo ragionamenti che vogliono avere costrutto.
In altri Stati tutto questo non avviene. Nella serie A di molti Paesi dell’Est, per esempio, esiste
l’obbligo di schierare almeno un under (del ’90 o del ’91). E basta vedere Spagna e Grecia. Inoltre,
in Italia ogni anno si cerca di mettere su e sperimentare formule nuove, creando sempre più disagi,
costringendo presidenti e società a mollare. Un sistema logoro, senza spiragli.
A cosa servono i parametri, cosa sono? Al momento servono solo a distruggere ed a togliere ossigeno a
tante società.
Intanto, la Lega Nazionale Pallacanestro dovrebbe avere dei Presidenti che non abbiano la concomitante
dirigenza di club, questo perché in caso di Promozione dalla A dilettanti alla Legadue poi non possono
portare a compimento i propri programmi. E’ successo con la promozione di Pesaro, di Casalpusterlengo.
Ora si parla del campionato di “sviluppo”, con 5 under ed altrettanti over. La domanda è: dove sono i
150 under obbligatori? Che tipo di campionato sarà? Forse inferiore tecnicamente anche al quarto
campionato nazionale (B dilettanti). Perché non proporre, per i campionati minori, un incentivo su
riduzioni tasse o premi finali, per chi decide liberamente di schierare e far giocare un tot di under,
invece di inventare regole assurde di obbligo e altro per permettere agli under di fare la voce grossa
(si sentono super tutelati, oltre al fatto che tutto questo da’ ancora più potere ai procuratori,
che ormai hanno in mano tutto e costituiscono un’altra nota dolente).
Torno all’inizio. A me quei famosi anni casertani hanno insegnato che puoi avere anche 16 anni,
ma se hai gli attributi giochi e “freghi il posto” a chiunque. Se un giocatore ha voglia,
rompe tutto a 18 anni ed anche a 30. Niente regole ridicole, ma fatti, senza invenzioni a dir poco pretestuose.
Ci vuole ben altro per fare rialzare il capo ad uno sport in agonia. Anzi, lo ripeto, niente invenzioni.
Torniamo al passato, massima cura verso i giovani, rispetto verso tutti ed in particolare verso le società.
Loro formano la pallacanestro, loro sono la pallacanestro, loro hanno bisogno del massimo rispetto.
Senza di loro nulla esisterebbe. Ma anche loro dovrebbero svegliarsi e ribellarsi ai costanti soprusi
di cui sono vittime.

Damiano Faggiano

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